Ci sono dischi da ascoltare e dischi da far propri. Paese mio bello appartiene a questi ultimi in quanto rappresenta un documento prezioso che racchiude un pezzo di inestimabile patrimonio musicale appartenente alla cultura e all’identità di Napoli, dell’Italia e non solo. È difficile pensarlo in quest’epoca balorda dove melodia e bel canto sono quasi considerati obsoleti, roba da antiquariato o, peggio, qualcosa di cui sembra non esserci alcuna memoria. Paladini della migliore tradizione napoletana, il quartetto formato da Lello Giulivo, Gianni Lamagna, Anna Spagnuolo e Patrizia Spinosi, il cui incontro risale al 1979 sotto l’egida del Maestro Roberto De Simone, hanno unito voci e anime per dar vita a un concerto incantatore dove arte, passione ed emozione sono elargite a profusione.
Accompagnati dalle chitarre di Michele Boné e Paolo Propoli, straordinari nel loro raffinato tocco, i quattro artisti – benedetti dal dono di vocalità uniche e per cui ogni aggettivo non basterebbe – tessono un racconto di grande valore che possiede forza e grazia allo stesso tempo, ma anche colore e sapore, cucito con pregiati fili di poesia, teatralità e umanità. Dal sonetto 116 di Shakespeare, musicato e tradotto in napoletano (‘O cientoessidice) parte la traversata che abbraccia quattro secoli toccando la villanella (Tre villanelle), l’opera di Giovanni Battista Pergolesi (Chi disse ca la femmena) e Leonardo Vinci (Duetto di Meneca e Colagnolo), i canti popolari (La bella la va al fosso e Aciduzzu), i brani di Raffaele Viviani (‘A rumba d’‘e scugnizzi e Carmè m’alluntano pe’ mmò), le più belle canzoni di Napoli (Vieneme ‘nzuonno e Suite Napoletana), fino ad arrivare al canto messicano (Celito lindo) e al tango argentino (El día que me quieta).
L’ascolto, e per un attimo il fiato, si fermano sulle composizioni originali di Gianni Lamagna, in particolare Se po’ sunà e D’‘o mare e dd’‘e rrose, mettendo in risalto la sua altissima caratura d’autore così intensa e delicata, meritevole di maggiore attenzione. Il frammento de La musica che gira intorno di Ivano Fossati chiude questa meravigliosa storia di note e d’amicizia che, oltrepassando il tempo, non smette di ricordarci tutta la bellezza dell’Italia che cantava e canta.
di ANDREA DIRENZO